Quindi se il comproprietario non assegnatario trascura il dovere di contribuire sancito dall’art. 1104, primo comma, c.c., <<nelle spese necessarie per la conservazione>>, il genitore assegnatario comproprietario può anticiparle e poi chiederne il rimborso al non assegnatario.
Con sentenza del 4.2.2016 n. 2195, la Cassazione ha infatti ribadito che in tema di spese relative alle parti comuni di un bene, <<l’obbligo di partecipare ad esse incombe su tutti i comunisti in quanto appartenenti alla comunione ed in funzione delle utilità che la cosa comune deve a ciascuno di essi garantire, così il diritto al rimborso “pro quota” delle spese necessarie per consentire l’utilizzazione del bene comune secondo la sua destinazione spetta al partecipante alla comunione che le abbia anticipate per gli altri in forza della previsione dell’art. 1110 c.c , le cui prescrizioni debbono ritenersi applicabili, oltre che a quelle per la conservazione, anche alle spese necessarie perchè la cosa comune mantenga la sua capacità di fornire l’utilità sua propria secondo la peculiare destinazione impressale (Sez. 2, Sentenza n. 12568 del 27/08/2002). Invero, le spese per la conservazione, nel caso di inattività degli altri comproprietari, da accertare in fatto, possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa, cui egli stesso e tutti gli altri hanno un oggettivo interesse, e di esse può essere chiesto il rimborso (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 11747 del 01/08/2003; Sez. 2, Sentenza n. 253 del 08/01/2013)>>.
Nella fattispecie, le spese di <<sostituzione della serranda del box, rotta a seguito di tentativo di furto e taglio degli alberi che stavano rovinando sulle autovetture>> erano state accertate altresì come <<necessarie>> dal giudice del merito (con apprezzamento in fatto incensurabile in Cassazione).
Con l’occasione, la Suprema Corte ha rilevato che altro sono le spese condominiali straordinarie rispetto a quelle di conservazione ex art. 1110 c.c., delle quali nella fattispecie il genitore non assegnatario è tenuto a corrispondere la propria quota in virtù della comproprietà dell’immobile.
L’art. 1104, primo comma, c.c., sopra citato prevede altresì che ciascun partecipante deve contribuire non solo nelle spese necessarie per la conservazione, ma anche a quelle <<per il godimento della cosa comune (omissis)>>
Tuttavia, sul genitore non assegnatario non incombe l’obbligo di concorrere alle spese per il godimento, proprio perchè egli non ne partecipa, non ne fa uso.
OCCORRE DUNQUE DISTINGUERE TRA SPESE DI <<CONSERVAZIONE>> E SPESE DI <<GODIMENTO>>
Infatti, mentre le spese attinenti al godimento dell’immobile gravano sul comunista se e nella misura in cui egli ne faccia effettivo uso, le spese di conservazione dell’immobile ne prescindono.
Per comprendere dunque chi sia il soggetto tenuto al pagamento delle spese inerenti l’immobile, si deve valutare la natura della spesa, per verificare in quale delle due categorie essa rientri.
Poichè il codice civile non contempla alcuna classificazione delle spese che rientrino nell’una o nell’altra categoria, dottrina e giurisprudenza sono intervenute ed intervengono a crearne i criteri distintivi riconducendo la suddivisione alle funzioni alle quali le obbligazioni di contribuire alle spese perseguono, ed ai fondamenti dai quali le obbligazioni medesime traggono origine.
Interessante, a tale proposito, la sentenza della Cassazione del 1.8.2003 n. 11747, che muove dalla distinzione tra il significato proprio delle parole “conservazione” e “godimento”, la prima designando <<l’attività di custodire, mantenere una cosa in modo che duri a lungo, che non si sciupi>>, il secondo, attinendo <<all’uso (effettuato nell’esercizio del diritto)>> significa <<ricavare dalla cosa le utilità, di cui la stessa è suscettibile secondo la natura intrinseca e la destinazione, in conformità con i poteri e le facoltà compresi nel diritto esercitato. La distinzione è confortata dalla disamina del sistema>>.
In altra sentenza, la suprema Corte (sez. II, 19 giugno 2000, n. 8292) aveva già avuto occasione di sottolineare che è del tutto evidente la differenza tra il valore capitale di un bene ed il costo del suo uso. La funzione ed il fondamento delle spese occorrenti per la conservazione del valore capitale, vale a dire per la tutela o il ripristino della sua integrità, sono diversi rispetto alla funzione ed al fondamento delle spese per il godimento: le spese per la conservazione sono quelle necessarie per custodire, mantenere la cosa comune in modo che duri a lungo, che non si sciupi; le spese per il godimento riguardano l’uso effettuato nell’esercizio del diritto, per ricavare dalla cosa le utilità che la stessa può offrire.
LE SPESE DI CONSERVAZIONE A CARICO DEI PROPRIETARI
LE SPESE DI GODIMENTO A CARICO DI CHI NE FA USO
La diversità della funzione e del fondamento delle spese si riflette sulla individuazione dei soggetti obbligati a sostenerle: alla conservazione sono oggettivamente interessati tutti i comproprietari; al godimento sono invece soggettivamente interessati soltanto coloro i quali si trovino, in concreto, ad esercitarlo (oltre lo stesso proprietario, l’usufruttuario, il conduttore, il genitore assegnatario etc. ). Le spese per la conservazione, dovute in ragione della appartenenza, si ascrivono e si ripartiscono in proporzione con le quote; le spese per il godimento, originate da un fatto soggettivo e personale, si imputano e si suddividono in proporzione all’uso ed alla misura di esso.
Soltanto le spese necessarie per la conservazione – e nel caso di “trascuranza” degli altri comproprietari, da accertarsi in fatto- possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa e soltanto di esse il comunista, che le ha anticipate, può chiederne il rimborso.
Relativamente alle spese per il godimento, le quali invece debbono essere sostenute solamente da chi concretamente gode della cosa comune, il rimborso non è previsto, in quanto il singolo comunista le ha corrisposte per un godimento soggettivo, che è suo personale e non può riguardare anche gli altri partecipanti alla comunione.
Sono state inquadrate come spese destinate alla conservazione quelle <<per l’acqua occorrente per l’irrigazione del giardino>>, in un caso in cui il bene immobile era caratterizzato dalla coltivazione di piante e di fiori che, per il fatto stesso della coltivazione, necessita dell’irrigazione con continuità affinché le piante ed i fiori siano tenuti in vita e attribuiscano la qualità di giardino al tratto di terreno.
Mentre sono state riconosciute come spese destinate al godimento quelle per il combustibile e per l’energia elettrica necessari per l’impianto di riscaldamento e per l’acqua potabile, così anche quelle occorrenti per le piccole manutenzioni dell’impianto (lubrificazioni, messa a punto etc.), perché senza di esse l’impianto stesso non potrebbe essere mantenuto in efficienza e utilizzato dai singoli.
Con sentenza del 8.1.2013 n. 253, la Cassazione ha precisato che le spese che attengono alla conservazione della cosa, sono quelle finalizzate al mantenimento della sua integrità, in modo che essa duri a lungo senza deteriorarsi, escludendo dal loro novero gli oneri occorrenti soltanto per la sua migliore fruizione, come l’illuminazione di un immobile, o per l’adempimento di obblighi fiscali, come l’accatastamento.