Varata la Legge Cirinnà (L. 20.5.2016 n. 76), pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 118 del 21.5.2016, in vigore dal prossimo 5 giugno. Con un unico articolo sono regolamentate le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplinate le convivenze di fatto tra persone dello stesso sesso e di sesso diverso.

LE UNIONI CIVILI

L’ordinamento italiano istituisce così l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale <<specifica formazione sociale>> ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione. Sulla carta, dunque, dal prossimo 5 giugno <<due persone maggiorenni dello stesso sesso>> potranno costituire un’unione civile <<mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni>>. L’ufficiale di stato civile, come per il matrimonio, provvederà alla registrazione degli atti di unione civile nell’archivio dello stato civile

Anche gli per gli “uniti” vigerà l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, l’obbligo di contribuire ai bisogni comuni in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, l’obbligo alla coabitazione, la necessità di accordo sull’indirizzo della vita familiare e sull’individuazione della residenza comune ed altro.

In occasione della costituzione dell’unione civile, gli “unendi” dovranno indicare il regime patrimoniale prescelto che, in mancanza di diversa convenzione, sarà costituito dalla comunione dei beni. In alternativa, potranno sempre concludere -per atto pubblico (dunque tramite notaio) a pena di nullità- convenzioni patrimoniali che, in materia di forma, modifica, smiluazione e capacità, sono assoggettate alla medesima normativa dettata in materia di convenzioni matrimoniali. La scelta del regime di separazione potrà anche essere dichiarata nell’atto di costituzione dell’unione.

Le cause di scioglimento dell’unione civile sono state individuate per rinvio e richiamo alle norme di cui alla legge per il divorzio. Non è dunque prevista una fase prodromica separativa. L’unione civile potrà essere sciolta anche attraverso la manifestazione disgiunta di tale volontà dinanzi all’ufficiale dello stato civile. In tale caso la domanda di scioglimento dell’unione civile è proposta decorsi tre mesi dalla data della manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione.

LE CONVIVENZE DI FATTO

Dai commi 36 a 65, poi, la legge si occupa di definire e disciplinare le convivenze di fatto tra persone dello stesso sesso e di sesso diverso, dovendosi infatti intendere per conviventi di fatto <<due persone maggiorenni>> che siano <<unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rappporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione>>. Ricorrendo tali presupposti, per l’accertamento della stabile convivenza occorrerà far riferimento alle risultanze anagrafiche.

Dal testo normativo, si legge che ai conviventi è dunque  riconosciuta formalmente (alcuni erano già di fatto riconosciuti dalla giurisprudenza) una serie di diritti, nonché espressamente attribuita la possibilità di regolare tra loro i rapporti attraverso i cd. contratti di convivenza.

Tali contratti dovranno essere redatti (ed eventualmente modificati) in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestino la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

In particolare, attraverso tali contratti, i conviventi potranno disciplinare le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo, ed il regime patrimoniale della comunione dei beni.

La legge stabilisce inoltre che i contratti di convivenza si potranno risolvere  per accordo delle parti, per recesso da parte di uno solo dei conviventi, per matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona, nonchè per morte di uno dei contraenti.

Ulteriore novità è l’introduzione dell’obbligo alimentare, in caso di cessazione della convivenza di fatto. In tal caso, infatti, il giudice adìto stabilirà il diritto del convivente, <<che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento>> di ricevere dall’altro convivente gli alimenti . In tali casi, gli alimenti saranno assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata sulla base dei criteri previsti per le altre ipotesi ex lege per i familiari, tenendo conto che tale obbligo alimentare sarà adempiuto dal convivente, nell’ordine degli obbligati, con precedenza sui fratelli e sorelle.

Tuttavia, per l’attuazione concreta mancano alcuni tasselli…