Con la pubblicazione e l’entrata in vigore della Legge n. 76/2016, conosciuta come Legge Cirinnà, il legislatore, oltre a regolamentare le unioni civili tra le persone dello stesso sesso, ha dettato la disciplina delle convivenze “tra due persone maggiorenni”, ivi prevedendo la possibilità per queste ultime di concludere appositi accordi, nonché in ogni caso attribuendo specifici diritti ai conviventi.

CHI SONO I “CONVIVENTI DI FATTO”

Secondo la Legge Cirinnà, la convivenza di fatto indica la relazione tra due persone maggiorenni che siano “unite stabilmente da legami affettivi di coppia” allorquando caratterizzata dalla “reciproca assistenza morale e materiale” e purchè non sussista tra loro o con altre persone -un rapporto matrimoniale o di unione civile, ovvero un qualunque rapporto di parentela, affinità o adozione.

A precisazione di quanto sopra, la legge n. 76/2016 ha inteso tutelare la coppia convivente, creatasi “tra due persone maggiorenni”, sia essa eterosessuale o omosessuale.

Per l’accertamento della stabile convivenza, ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui sopra, la stessa Legge Cirinnà fa richiamo alla previa dichiarazione che gli interessati devono presentare o aver presentato al Comune di residenza ai fini dell’iscrizione anagrafica della stessa negli appositi registri (v. artt. 4 e 13, D.P.R. n. 223/1989).

IL CONTENUTO DELL’ACCORDO

All’art. 1, comma 53, pur nell’ampia disponibilità (ciò che corrisponde al generale principio cardine della libera autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c.), il nostro Ordinamento ha indicato alcune possibili disposizioni da inserire nel contenuto:

–  la residenza;

– le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;

– la possibilità di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni, che può comunque essere modificato in ogni tempo.

VALIDITÀ ED OPPONIBILITÀ DELL’ACCORDO

L’accordo, per essere valido, deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, che deve essere comunque conforme alle norme imperative e all’ordine pubblico.

La validità dell’accordo di convivenza non è inficiata da eventuali termini o condizioni; infatti, ove inseriti, gli stessi si considerano come non apposti.

Chiunque vi abbia interesse può far dichiarare la nullità (insanabile) dell’accordo qualora lo stesso sia stato stipulato in assenza di uno dei presupposti e/o in una delle seguenti circostanze:

  • in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza;
  • in assenza di una reale convivenza di fatto;
  • da persona minore di età;
  • da persona interdetta giudizialmente;
  • in caso di condanna per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra parte (art. 88 c.c.).

L’accordo raggiunto deve essere iscritto nei registri tenuti presso l’anagrafe del Comune di residenza dei conviventi, previa trasmissione dello stesso a cura del professionista autenticante  (avvocato o notaio) da eseguirsi entro 10 gg dalla stipulazione dello stesso.

L’Ufficio deve conservare il contratto stipulato, registrare i dati identificativi del medesimo nello stato di famiglia ed altresì nelle schede individuali dei conviventi, nonché si occupa del rilascio delle relative certificazioni (circolare n. 7 del 1.06.2016 Ministero dell’Interno – Servizi Demografici).

La registrazione del contratto di convivenza, avendo funzione di pubblicità dichiarativa, consente alle parti di opporlo ai terzi.

MODIFICABILITÀ – RISOLUZIONE – CESSAZIONE DELL’ACCORDO

In ogni momento, i conviventi possono modificare o risolvere il contratto, con le stesse modalità di conclusione di quest’ultimo e, dunque, a pena di nullità, a mezzo atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico. La pubblicità dell’atto modificativo o risolutivo segue lo stesso iter del contratto originario.

Infatti, il contratto di convivenza si può risolvere, ai sensi dell’art. 1, comma 59, nei seguenti casi:

– accordo delle parti;

– recesso unilaterale;

– matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;

– morte di uno dei contraenti.

EFFETTI DELLA CESSAZIONE DELLA CONVIVENZA

In ogni caso, la Legge Cirinnà (art. 1, comma 65) attribuisce espressamente all’ex convivente che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, il diritto di ricevere dall’altro gli alimenti per un periodo proporzionale alla durata della convivenza (art. 438, comma 2, c.c.).

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